Mentre i raid russi continuano a colpire l’Ucraina, il Cremlino preme sull’Iran perché abbandoni l’arricchimento dell’uranio, aprendo uno spiraglio di negoziato che potrebbe rimescolare alleanze e interessi di lungo corso.
Il Cremlino cambia tono con Teheran mentre intensifica i raid su Kiev
Il tentativo di Vladimir Putin di persuadere Teheran a fermare del tutto l’arricchimento dell’uranio segna una brusca inversione rispetto alla tradizionale difesa russa del programma nucleare iraniano. Secondo il giornalista Barak Ravid, citato da fonti europee e israeliane, il leader del Cremlino avrebbe fatto recapitare ai vertici della Repubblica islamica un messaggio chiaro: appoggiare un’intesa che azzeri la capacità di arricchimento in cambio di garanzie di fornitura nucleare a basso tenore. Una richiesta che sorprende, perché arriva proprio mentre Mosca beneficia dei droni iraniani nella guerra contro Kiev, e che potrebbe celare calcoli più ampi sulle prossime mosse americane.
Il cambio di passo viene definito “significativo” da un alto funzionario israeliano, convinto che il Cremlino stia valutando uno scambio di concessioni con Washington. L’agenzia semi-ufficiale Tasnim, tuttavia, nega che sia stato recapitato alcun ultimatum, eppure la svolta circola da giorni nelle capitali europee. Da anni Mosca difende pubblicamente il diritto iraniano all’energia atomica; in privato, però, dopo la “guerra dei dodici giorni” tra Israele e Iran, la disposizione del Cremlino pare mutata, quasi a voler riequilibrare i rapporti di forza regionali per guadagnare margini d’azione sul fronte ucraino.
Pressioni incrociate tra Mosca, Washington e Teheran
Nell’intreccio diplomatico si inserisce Donald Trump, che prepara nuove sanzioni contro Mosca mentre promette armi a Volodymyr Zelensky. L’ex presidente statunitense intende riaprire il negoziato nucleare con l’Iran e, come condizione preliminare, pretende “arricchimento zero” sul suolo iraniano. Da qui l’apparente disponibilità di Putin a incoraggiare Teheran verso un accordo che, seppur doloroso per la leadership iraniana, potrebbe garantire a Mosca un allentamento della pressione occidentale sull’Ucraina. Tre funzionari europei confermano che il Cremlino ha discusso la questione non solo con Trump, ma anche con il francese Emmanuel Macron, segno di una strategia coordinata su più tavoli.
Mosca, in caso di intesa, si dice pronta a trasferire fuori dall’Iran l’uranio ad alto arricchimento, fornendo in cambio combustibile al 3,67 % per uso civile e piccole quantità al 20 % per ricerca medica. Abbas Araghchi, ministro degli Esteri di Teheran, respinge però qualsiasi ipotesi che limiti un diritto sancito dal Trattato di non proliferazione nucleare. «I diritti della nostra nazione non sono negoziabili», ribadisce ai diplomatici stranieri. La tensione è palpabile: cedere significherebbe deludere l’ala più intransigente del regime, resistere potrebbe isolare l’Iran in un momento di forte vulnerabilità economica.
Kiev sotto attacco: droni, missili e diplomazia delle sanzioni
Sul fronte militare, la notte scorsa Kiev ha contato 597 droni e 26 missili da crociera, con un bilancio provvisorio di quattro morti e un ferito. La città vive ore di angoscia tra sirene e detriti mentre Zelensky implora l’Occidente di irrigidire le misure punitive contro la Russia. L’intensità dei bombardamenti non lascia dubbi: Mosca vuole logorare la resistenza ucraina e, al contempo, mostrare alla comunità internazionale che il proprio potenziale offensivo resta intatto malgrado le sanzioni. In questo quadro, ogni variazione di posizione sulla questione iraniana diventa un tassello della partita più vasta che si gioca sul territorio ucraino.
Il sospetto di Kiev è che il Cremlino stia tentando di ottenere mano libera in Ucraina, scambiando la disponibilità a contenere il programma nucleare iraniano con una minore pressione occidentale sul fronte europeo. Un calcolo rischioso, perché l’amministrazione statunitense valuta nuove restrizioni economiche su Mosca, mentre la UE discute forniture di armi aggiuntive a Zelensky. La popolazione ucraina, intanto, paga il prezzo più alto, con infrastrutture civili colpite e la ricostruzione che diventa ogni giorno più onerosa.
Un asse inedito: la mano tesa a Pyongyang e la delusione di Teheran
Nell’ombra di queste manovre, il ministro degli Esteri russo Serghiei Lavrov atterra a Pyongyang per rinsaldare la cooperazione con Kim Jong Un. L’obiettivo dichiarato è duplice: sostenere l’offensiva contro l’Ucraina e contrastare la presenza della NATO in Asia-Pacifico. Il viaggio di Lavrov, subito dopo l’escalation di droni su Kiev, offre l’immagine di una Russia che cerca appoggi alternativi mentre riorganizza i propri equilibri con l’Iran. Per Mosca, il legame nordcoreano rappresenta una carta di pressione sia militare sia politica, utile a bilanciare eventuali concessioni sul dossier nucleare di Teheran.
Dall’altra parte, gli iraniani non nascondono frustrazione. Dopo aver inviato centinaia di droni kamikaze e missili terra-terra a Mosca, Teheran si aspettava un sostegno tangibile durante il recente confronto con Israele. La risposta russa, limitata a dichiarazioni di circostanza, ha alimentato un sentimento di amarezza nei palazzi del potere iraniani. Ora, la possibile rinuncia all’arricchimento dell’uranio, sollecitata proprio dall’alleato che li ha lasciati soli nei momenti difficili, rischia di acuire la diffidenza e di spingere l’Iran a rivalutare le proprie scelte strategiche.