Il tentativo di Mps di assicurarsi una posizione decisiva in Mediobanca incrocia l’inchiesta aperta dalla Procura di Milano e le attese degli investitori istituzionali. Gli equilibri fra controllo azionario, credibilità industriale e risposta del mercato determineranno l’esito dell’operazione, come sottolinea il docente di Finanza Aziendale della Bocconi, Michele Calcaterra.
Indagine giudiziaria e prospettive di mercato
La recente indagine aperta a Milano su alcuni aspetti preliminari dell’operazione rappresenta il primo banco di prova per il progetto di integrazione. Calcaterra invita a non drammatizzare: gli interventi giudiziari, spiega, possono raffreddare per qualche settimana il sentiment degli investitori, ma, nella misura in cui non emergano circostanze ostative gravi, gli operatori tornano a concentrarsi su bilanci, sinergie e sostenibilità a medio termine. Secondo il docente, dunque, la cronaca giudiziaria incide più sull’umore che sulle valutazioni di fondo, destinate a prevalere una volta consolidato il quadro dei fatti.
La stessa Procura, sottolinea chi segue il dossier, non blocca né impone modifiche immediate ai termini della proposta di concambio. Il mercato resta dunque arbitro principale. Se i risparmi di costo e le prospettive di crescita evidenziate dai piani industriali troveranno conferma nei numeri, la vicenda giudiziaria verrà rapidamente metabolizzata. Al contrario, qualsiasi slittamento o segnale di debolezza strategica potrebbe amplificare l’effetto psicologico dell’inchiesta. Per ora, tuttavia, la questione si traduce più in una variabile di contesto che in un ostacolo strutturale allo scambio di azioni.
Quote azionarie e soglia di controllo
Il documento presentato da Mps individua nel 35% del capitale di Mediobanca la quota minima utile per esercitare una pressione decisiva in assemblea. Tale soglia, osserva Calcaterra, può essere raggiunta facendo leva sulle partecipazioni oggi in mano a Delfin, all’imprenditore Caltagirone e alle principali Casse di previdenza. L’operazione sarebbe quindi tecnicamente percorribile fin da subito, senza necessità di coalizzarsi con ulteriori soci di peso, a condizione che la dispersione attuale del capitale resti invariata e che gli azionisti coinvolti non dismettano le rispettive quote prima della chiusura dell’offerta.
Resta aperto il tema del controllo effettivo. In teoria servirebbe il classico 50% più una azione, ma la realtà di Piazza Affari è spesso diversa. Con un azionariato estremamente frammentato, spiega il professore, anche una partecipazione compresa fra il 30 e il 40% permette di guidare il consiglio di amministrazione, specie se accompagnata da una governance credibile e dal sostegno implicito delle istituzioni. Il progressivo disimpegno di alcuni storici soci di Mediobanca, testimoniato dal patto di consultazione sceso al 7%, punta proprio in questa direzione.
Fondi, calendario e impatto per gli azionisti
Un nodo chiave riguarda la reazione dei fondi internazionali, oggi protagonisti dell’azionariato diffuso di Mediobanca. Gli investitori professionali, ricorda Calcaterra, valutano principalmente la capacità di un’operazione di generare valore e ritorni misurabili. Se il piano presentato da Mps evidenzierà sinergie concrete, razionalizzazione dei costi e nuovi ricavi, il consenso potrebbe arrivare proprio da chi è abituato a premiare crescita e dividendi. In assenza di proposte alternative, la tentazione di aderire all’offerta può risultare dominante, specie alla luce di un titolo storicamente appetibile ma privo di un chiaro progetto di sviluppo di lungo periodo.
In quest’ottica si inserisce la scelta di collocare la finestra finale dell’offerta a settembre anziché durante il periodo estivo. Agosto, per tradizione, vede volumi ridotti e scarsa copertura mediatica; rinviare di qualche settimana, spiegano fonti vicine alla struttura di Mps, permette a investitori, analisti e stampa di valutare con attenzione dossier, perizie e prospetti. La mossa mira a coniugare trasparenza, legittimazione etica e massima partecipazione assembleare. In pratica, si evita che un calendario vacanziero trasformi una decisione strategica in un atto frettoloso, potenzialmente contestabile sul piano della governance.
Una banca universale di nuovo conio
Dalla combinazione tra Mps e Mediobanca nascerebbe un istituto con contorni fortemente innovativi per il panorama italiano. La rete retail e la storica base di clientela delle filiali senesi verrebbero affiancate alla riconosciuta competenza nella consulenza strategica, nel wealth management e nei servizi alle imprese costruita in oltre mezzo secolo da Piazzetta Cuccia. L’obiettivo dichiarato è quello di un modello di banca universale capace di intercettare famiglie, piccole e medie imprese e grandi gruppi, con un’offerta integrata che spazia dai conti correnti al corporate finance.
Tuttavia, il vero banco di prova non sarà soltanto la somma dei ricavi. La sfida, avverte Calcaterra, risiede nell’armonizzare culture aziendali differenti e procedure operative che, fino a oggi, hanno seguito logiche quasi opposte: radicamento territoriale e relazioni retail da un lato, spirito consulenziale e presenza sui grandi mercati dall’altro. L’integrazione dei sistemi informatici, la gestione del capitale umano e la definizione di un’unica catena decisionale richiedono tempo, investimenti e leadership salda. Solo se questi tasselli andranno a posto l’ambizione di creare un campione nazionale potrà concretizzarsi pienamente.