Chi sta pensando di installare o sostituire un impianto di climatizzazione può ancora contare su agevolazioni fiscali mirate: nel 2025 le detrazioni restano in vigore, ma con regole e percentuali riviste a seconda dell’immobile e del tipo di intervento.
Tre vie d’accesso all’agevolazione 2025
Acquistare un nuovo condizionatore, o sostituirne uno datato, offre tre differenti percorsi di risparmio fiscale: ecobonus, bonus ristrutturazione e bonus mobili. Le aliquote oscillano dal 50 al 36 per cento, con differenze legate alla destinazione dell’abitazione. Sull’abitazione principale si preserva il trattamento più favorevole, mentre per le seconde case scatta la riduzione al 36 per cento prevista dalla Legge di Bilancio. La scelta dell’incentivo più adatto dipende dalle caratteristiche dell’impianto, dal tipo di lavori e dal budget di spesa, elementi che meritano un’analisi preventiva accurata per evitare errori in sede di dichiarazione dei redditi.
Per chi non ha intenzione di avviare opere murarie complesse, il bonus mobili permette comunque di ottenere un taglio fiscale immediato e uguale per tutti. Al contrario, l’ecobonus e il bonus ristrutturazione impongono requisiti e documentazione più dettagliati, soprattutto per ciò che riguarda l’efficienza energetica e la modalità di pagamento. Conoscere in anticipo limiti, massimali e obblighi consente di pianificare il proprio investimento senza brutte sorprese e di sfruttare al massimo l’agevolazione prescelta.
Ecobonus ridimensionato: aliquote e limiti
Dal 2025 l’ecobonus scende dal 65 al 50 per cento per la prima casa e, in caso di immobili diversi, cala ulteriormente al 36 per cento. L’agevolazione si applica esclusivamente alla sostituzione di vecchi apparecchi con condizionatori dotati di pompa di calore ad alta efficienza, entro il tetto di 30.000 euro. Chi progetta una nuova installazione senza rimpiazzare un dispositivo preesistente dovrà orientarsi su un altro bonus. Rientrare nei parametri di legge significa non solo rispettare l’importo massimo, ma anche conservare tutta la documentazione tecnica richiesta.
Particolare attenzione va riservata ai requisiti prestazionali: l’impianto deve presentare un coefficiente di prestazione COP/GUE e, per la climatizzazione estiva, un indice EER non inferiore ai valori minimi indicati nell’allegato F del D.M. 6 agosto 2020. Tali dati devono essere riportati in fattura e nelle schede del produttore, da allegare alla pratica ENEA. Un controllo preventivo con il rivenditore o l’installatore evita spiacevoli dinieghi in fase di verifica fiscale e garantisce il pieno diritto alla detrazione.
Bonus ristrutturazione: la soluzione più flessibile
Chi preferisce il bonus ristrutturazione può portare in detrazione il 50 per cento della spesa sulla prima casa e il 36 per cento sulle altre, con un massimale di 96.000 euro per unità immobiliare. La detrazione è valida sia per nuove installazioni sia per sostituzioni ed è ammessa anche se il condizionatore assicura climatizzazione invernale ed estiva mediante pompa di calore. Il vantaggio principale risiede in requisiti tecnici meno rigidi rispetto all’ecobonus, pur restando necessario dimostrare che l’intervento rientra in un’opera edilizia agevolabile.
Oltre alle fatture dell’impianto, occorre conservare la comunicazione di inizio lavori e ogni certificazione rilasciata dall’installatore. In aggiunta, il pagamento va effettuato con bonifico parlante, su cui indicare la causale prevista dalla normativa. La corretta compilazione di questo documento è fondamentale, poiché consente all’Agenzia delle Entrate di associare immediatamente il versamento alla tipologia di bonus richiesto, riducendo il rischio di contestazioni nelle fasi di controllo.
Condizionatori e bonus mobili: il “taglio fisso” al 50%
Il terzo canale di incentivo è il bonus mobili, che consente di detrarre il 50 per cento della spesa fino a un tetto di 5.000 euro per l’acquisto di condizionatori in classe energetica non inferiore a quella minima richiesta per legge. Qui non esistono distinzioni tra prima e seconda casa: l’aliquota resta invariata per entrambe, a condizione che l’immobile sia interessato da lavori di ristrutturazione avviati dal 1° gennaio dell’anno precedente. È quindi indispensabile che la data dell’intervento edilizio preceda l’acquisto dell’apparecchio.
Il pagamento può avvenire mediante bonifico ordinario, carta di credito o debito, purché tracciabile. Non serve, in questo caso, il bonifico soggetto a ritenuta. Tuttavia, scontrini, fatture e ricevute vanno conservati con cura e allegati alla dichiarazione. L’assenza di un documento anche apparentemente secondario può implicare la perdita del beneficio, motivo per cui è consigliabile predisporre fin da subito un dossier completo di ogni prova di spesa.
Pagamenti, documenti e dichiarazione dei redditi
Comuni a tutti i bonus restano le modalità di pagamento tracciato e la ripartizione in dieci quote annuali del rimborso IRPEF. Per ecobonus e bonus ristrutturazione si usa il bonifico parlante, con indicazione di causale, codice fiscale di chi paga e partita IVA o codice fiscale del beneficiario. Per il bonus mobili è sufficiente un mezzo tracciabile, ma in caso di bonifico non occorre applicare la ritenuta. L’agenzia verifica la coerenza dei dati incrociando le informazioni bancarie con la pratica ENEA o con i permessi edilizi.
Il recupero effettivo dello sconto avviene con la dichiarazione dei redditi da presentare l’anno successivo alla spesa: per gli acquisti del 2025, la prima rata sarà detratta nella dichiarazione trasmessa nel 2026. Occorre quindi conservare tutta la documentazione per dieci anni, in modo da fronteggiare eventuali controlli a campione. Una gestione ordinata delle carte fa la differenza tra un bonus goduto senza intoppi e un rimborso negato: organizzarsi per tempo è il modo più semplice per proteggere il proprio investimento.