Il Paese risponde all’afa estrema con un accordo che mette la persona al centro: al Ministero del Lavoro istituzioni, sindacati e imprese hanno siglato un protocollo che ridisegna orari, protezioni e ammortizzatori sociali per chi opera all’aperto, puntando su salute e sicurezza come bussola delle produzioni estive.
Un patto inedito per proteggere chi lavora sotto il sole
Il nuovo documento, definito “protocollo caldo”, nasce in risposta a temperature record che stanno mettendo a dura prova chi svolge mansioni all’aperto. I firmatari hanno condiviso la necessità di individuare procedure immediate e flessibili, capaci di intrecciare strumenti di prevenzione, rimodulazione degli orari e accesso a tutele economiche straordinarie. Buone pratiche operative, fornitura di acqua e sali minerali, aree d’ombra mobili e formazione mirata sui rischi del caldo estremo diventano così elementi essenziali di un approccio integrato. La logica di fondo è semplice ma ambiziosa: non fermare la produzione, ma trasformarla affinché nessuno sia lasciato esposto a pericoli evitabili.
Parallelamente, il testo stabilisce che ogni categoria potrà istituire gruppi di lavoro territoriali con le autorità sanitarie e la Protezione civile per tarare gli interventi sulle specificità locali. Questi tavoli, aperti anche a ulteriori soggetti che vorranno aderire, monitoreranno costantemente l’andamento climatico, elaborando piani di emergenza tempestivi. In tal modo si passa da un concetto di prevenzione teorica a un sistema dinamico di risposta rapida, in cui il dialogo costante tra imprese e lavoratori diventa la vera chiave di volta della sicurezza.
Le firme a via Veneto: un tavolo mai così ampio
Alla riunione convocata dalla ministra Marina Calderone hanno partecipato in forze le sigle sindacali Cgil, Cisl, Uil, Ugl e, sul fronte datoriale, Confindustria, Ance, Alleanza Cooperative, Confartigianato, Cna, Confagricoltura, Coldiretti, Cia, Casartigiani. Una platea così eterogenea non si vedeva da tempo in via Veneto: segno che l’emergenza climatica accomuna cantieri, officine, campi e magazzini. Per tutte le parti, la priorità è stata mettere da parte le differenze e concentrare energie su un obiettivo condiviso: la tutela delle persone.
Nel corso dell’incontro la ministra ha chiarito che il protocollo sarà recepito a stretto giro in un decreto ministeriale. Il passaggio normativo darà valore cogente alle indicazioni, semplificando l’accesso agli ammortizzatori sociali e fissando criteri uniformi per la riorganizzazione dei turni. Calderone ha definito l’intesa «una prima risposta a un momento eccezionale» e ha lasciato aperta la porta a nuove adesioni. La strada è tracciata, ma la costruzione di un sistema stabile di contrasto alle emergenze climatiche richiederà aggiornamenti continui.
Proteggere le persone, salvaguardare il lavoro
Cuore dell’accordo è la salvaguardia della salute e sicurezza durante le attività che non possono essere spostate al chiuso. Il testo promuove un’ampia flessibilità nella gestione degli orari: le imprese potranno anticipare l’inizio delle operazioni alle prime luci dell’alba o posticiparle alle ore serali, riducendo l’esposizione nelle fasce più critiche. Si passa da una logica di deroga episodica a una programmazione strutturata, capace di prevenire colpi di calore, disidratazione e cali di concentrazione che spesso precedono gli infortuni.
Il protocollo incoraggia inoltre l’adozione di dispositivi di protezione individuale adeguati alle alte temperature e prevede momenti di formazione dedicati, con simulazioni di primo soccorso in caso di malori da caldo. Un aspetto chiave è la possibilità di sospendere temporaneamente l’attività, attivando gli ammortizzatori sociali senza intaccare i contatori previsti dalla normativa generale. L’equilibrio fra continuità produttiva e tutela del reddito viene così garantito, evitando che l’impresa sia costretta a scegliere fra mantenere i lavoratori in condizione di rischio o fermare completamente le linee.
La voce delle imprese: flessibilità e sostegni immediati
Il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, ha lodato la rapidità dell’intesa, definendola «la dimostrazione che quando c’è volontà politica le soluzioni arrivano». Per gli industriali, la possibilità di modulare turni e pause rappresenta lo strumento più efficace per evitare incidenti. L’obiettivo, sottolinea Orsini, non è solo proteggere i dipendenti, ma anche garantire la qualità dei processi produttivi, spesso compromessa da cali di attenzione dovuti alle elevate temperature.
Da parte sua, Cna ha rimarcato il ruolo decisivo delle parti sociali nel codificare buone prassi di prevenzione. L’associazione artigiana chiede al ministero di riconoscere automaticamente l’accesso agli ammortizzatori in ogni caso di riduzione o sospensione dell’orario legato al caldo estremo, inclusi i rapporti stagionali. Inoltre si invoca una tutela specifica da eventuali responsabilità per ritardi di consegna causati dalle temperature proibitive. Salvaguardare la continuità aziendale significa anche proteggere la reputazione e la tenuta economica delle piccole e medie imprese.
Nei campi di tutta la penisola: raccolte all’alba e tutele stagionali
Nel settore agricolo, Coldiretti evidenzia come quasi mezzo milione di addetti siano impegnati d’estate a garantire i rifornimenti di frutta, ortaggi, grano e altri prodotti essenziali. Temperature eccessive possono tradursi in rischi immediati per la salute e mancate raccolte, con ricadute sulla filiera alimentare. L’organizzazione insiste quindi sull’estensione della cassa integrazione ai lavoratori stagionali, giudicandola «misura imprescindibile» per affrontare un’emergenza che, in natura, non conosce pause contrattuali.
Il dirigente Enzo Magrini ricorda che in molti territori si sta già sperimentando lo spostamento delle operazioni di raccolta alle ore notturne o all’alba, quando il caldo è più sopportabile. Le imprese che applicheranno tali intese potranno accedere a criteri di premialità riconosciuti dall’Inail, attraverso strumenti come l’Ot23 o misure ad hoc dedicate all’agricoltura. L’idea è premiare chi investe in prevenzione, trasformando la sicurezza in un fattore competitivo oltre che etico.
Dai cantieri alle consegne urbane: il modello Piemonte
Non solo aziende e campi: anche le Regioni cominciano a intervenire. Il Piemonte ha esteso la propria ordinanza anti-caldo ai rider delle piattaforme di consegna, nonché ai lavoratori delle cave e della logistica. Il governatore Alberto Cirio sottolinea che la maggior parte delle consegne avviene nelle ore dei pasti, proprio quando il termometro tocca i massimi. L’ordinanza fornisce indicazioni operative che vanno dalle pause all’ombra alla dotazione obbligatoria di bottigliette d’acqua e sali minerali.
Cirio parla di «gesto di civiltà e rispetto» verso persone spesso impiegate da multinazionali che macinano fatturati, ma non sempre garantiscono tutele adeguate. Anche nei cantieri, dove l’esposizione prolungata al sole è inevitabile, la Regione richiede turni flessibili e protezioni specifiche. L’allargamento dell’ordinanza ai settori più esposti dimostra come le istituzioni territoriali possano affiancare il protocollo nazionale con regolamenti su misura, rafforzando la rete di protezione per chi lavora.
Verso il decreto ministeriale: le prossime mosse
Nei prossimi giorni la ministra Calderone emanerà il decreto che recepirà integralmente il protocollo, rendendolo parte integrante della normativa di settore. Ciò garantirà un accesso più rapido agli ammortizzatori sociali, uniformerà le verifiche ispettive e renderà più semplice il riconoscimento delle premialità Inail. Il passaggio da accordo volontario a cornice regolatoria nazionale rappresenta un cambio di passo cruciale nella gestione delle emergenze climatiche.
Il cantiere normativo, tuttavia, rimane aperto: le parti sociali potranno proporre aggiornamenti e integrazioni in base all’evoluzione dei fenomeni meteo. In prospettiva, il protocollo potrebbe fungere da modello per altre emergenze ambientali, dal rischio idrogeologico agli eventi metereologici estremi di diversa natura. Mettere la persona al centro non è più uno slogan, ma una strategia che unisce produttività, dignità del lavoro e resilienza economica del Paese.