Il pomeriggio di martedì 17 giugno ha squarciato la quiete estiva del Lazio con un rombo di tuono improvviso, chicchi di ghiaccio grandi come monete e una pioggia torrenziale che ha trasformato le vie dei Castelli Romani in corsi d’acqua. Voi lettori, certo, ricordate quei minuti di smarrimento: l’asfalto che spariva sotto una coltre bianca, le sirene lontane, i messaggi di emergenza che rimbalzavano sugli smartphone. Eravamo lì, gomito a gomito con residenti e soccorritori, per raccogliere dati, voci e immagini di un evento che in poche ore ha riscritto la geografia di strade, cantine e tetti nelle periferie sud‑est della Capitale.
Il temporale non è arrivato a ciel sereno: già dal mattino la Protezione Civile aveva diramato un’allerta gialla per il rischio di fenomeni intensi, avvisando che l’instabilità poteva persistere per nove‑dodici ore. Nonostante l’avviso, la rapidità con cui le celle temporalesche si sono sviluppate sopra il Tuscolano ha colto di sorpresa automobilisti e pendolari. In meno di trenta minuti le condutture non hanno retto; i tombini sono saltati e alcune vie, come la Frascati‑Colonna, sono diventate impraticabili. Chi era in treno verso la Capitale ha assistito a grandinate che riducevano la visibilità a pochi metri.
Un pomeriggio da incubo: la cronaca minuto per minuto
Alle 14.45 le prime raffiche di vento hanno spinto la grandine su Frascati e Monte Porzio Catone; in dieci minuti la coltre bianca ha raggiunto i quattro centimetri di spessore, con chicchi fino a 2,5 cm di diametro che hanno scheggiato parabrezza e tapparelle. Contemporaneamente un fitto reticolo di fulmini – oltre cento in mezz’ora secondo i rilevatori privati – ha martellato i rilievi del Tuscolo, facendo vibrare i vetri dei palazzi storici. Grottaferrata, San Cesareo, Zagarolo e Palestrina hanno vissuto la stessa scena in rapida successione, quasi fosse un domino atmosferico su tutta la dorsale dei Colli Albani.
Alle 15.30 sono arrivati i primi cedimenti strutturali: il controsoffitto dell’ufficio anagrafe di Palazzo Marconi, a Frascati, è collassato sotto le infiltrazioni; pochi isolati più in là si è aperta una voragine in via Enrico Fermi, inghiottendo parte della carreggiata. Nel frattempo l’acqua filtrava nei garage e nei seminterrati, mentre sopra le nostre teste volteggiavano gli elicotteri dei Vigili del Fuoco in ricognizione. Le chat di quartiere esplodevano di foto e video, e molti di voi ci hanno scritto per chiedere se fosse prudente mettersi in macchina: la risposta, in quelle ore, era un secco “no”.
I numeri dell’emergenza e la risposta dei soccorsi
Tra le 14 e le 19 il centralino del 115 ha registrato oltre 200 richieste di intervento solo nell’area metropolitana sud‑est: allagamenti di scantinati, rimozione di piante abbattute, messa in sicurezza di cornicioni pericolanti. A coordinare le operazioni c’erano quindici squadre miste di Vigili del Fuoco, Protezione Civile e volontari di protezione civile locale, supportati da idrovore mobili. In meno di due ore è stato attivato il piano di emergenza regionale, con presidi fissi lungo la Tuscolana e nei punti notoriamente allagabili della via Appia‑Nuova.
Il Comune di Roma ha diffuso in tempo reale sul proprio portale gli aggiornamenti sulla viabilità: chiusure parziali su via Gregoriana, deviazioni dei bus Cotral, sospensione temporanea di alcune corse ferroviarie suburbane. Nei Castelli, i sindaci di Frascati e Monte Porzio hanno firmato l’ordinanza di interdizione a Palazzo Marconi e a due scuole materne fino al completamento dei sopralluoghi statici. Un piccolo esercito di tecnici ha controllato reti fognarie e cabine elettriche per evitare blackout prolungati; alla sera, pur con numerosi disagi, la corrente era garantita a quasi tutte le utenze.
Le cause meteorologiche dietro il temporale estremo
Che cosa ha scatenato un nubifragio tanto violento, chiedete voi? Gli esperti de IlMeteo.it e del Dipartimento nazionale parlano di un minimo depressionario di origine atlantica che, incuneandosi sul Tirreno, ha raffreddato bruscamente l’aria calda stagnante sopra il Lazio. Il contrasto termico ha favorito moti convettivi esplosivi, con nubi torreggianti che in pochi minuti hanno superato i 10 km di altezza. In gergo si chiama storm‑splitting: le celle si dividono, ruotano su sé stesse e scaricano energia in modo concentrato, moltiplicando grandine e fulmini.
È interessante notare che l’allerta fosse “solo” gialla: ciò dimostra, ancora una volta, che la scala di pericolo non esprime la violenza reale del singolo fenomeno ma la sua probabilità e diffusione. Abbiamo sperimentato sulla pelle come un episodio locale possa superare, in pochi chilometri, le medie pluviali dell’intero mese di giugno. E sì, il cambiamento climatico c’entra: la letteratura scientifica conferma che un Mediterraneo più caldo fornisce carburante extra ai temporali estivi, rendendoli più rapidi e distruttivi.
Impatto su infrastrutture, economia e vita quotidiana
Gli uffici comunali prevedono una stima preliminare di danni che supera i due milioni di euro: controsoffitti da rifare, strade da riasfaltare, canalette da ripulire. Molte micro‑imprese dei Castelli – bar, enoteche, botteghe artigiane – hanno perso la merce esposta a pochi centimetri dal suolo; nel frattempo, alcune aziende agricole lamentano filari danneggiati dalla grandine proprio nel momento delicato dell’allegagione. Se pensiamo che il vino bianco di Frascati sostenta centinaia di famiglie, capirete quanto possa pesare una raffica di ghiaccio caduta nel giro di venti minuti.
Sul fronte mobilità, l’arteria Anagnina ha riaperto solo in serata, ma le code si sono trascinate fino a dopo la mezzanotte; molti pendolari hanno rinunciato a rientrare in città e hanno trovato riparo da parenti. Il giorno dopo, alcune scuole superiori hanno posticipato gli scrutini finali, mentre i musei di Frascati – pensate alla Stanza degli Scienziati di Villa Falconieri – hanno allestito teli protettivi per evitare infiltrazioni sulle opere. Abbiamo raccolto testimonianze di famiglie costrette a buttare elettrodomestici appena acquistati perché il fango ha invaso le tavernette. È una ferita che non si rimargina in una notte.
Cosa possiamo imparare e come prepararci al prossimo nubifragio
Ora, a mente fredda, chiediamoci: potevamo fare di più? Probabilmente sì. L’adeguamento delle reti di scolo, la manutenzione degli alberi e una comunicazione di crisi ancora più tempestiva avrebbero ridotto i danni. Ma la differenza la facciamo anche noi, cittadini: tenere libero il marciapiede dalle foglie che ostruiscono i tombini, non attraversare sottopassi allagati, rispettare le ordinanze di chiusura. Ogni gesto conta quando il cielo decide di rovesciarsi.
Vi lasciamo con un pensiero: la natura ci ha mostrato, in poche ore, la forza ruvida di un clima che cambia. Sta a noi trasformare la paura in consapevolezza, costruire comunità più resilienti, insistere su infrastrutture verdi che assorbano acqua e calore. La prossima perturbazione arriverà, lo sappiamo. L’obiettivo è farci trovare pronti, uniti e solidali, perché la cronaca di ieri si trasformi nella prevenzione di domani.