Siamo abituati a pensare che l’automotive e il lusso viaggino su binari paralleli. Oggi, invece, i due mondi si incrociano con un fragore che scuote i mercati: Luca de Meo lascia la guida di Renault dopo cinque anni di “Renaulution” e si prepara a sedersi sulla poltrona di CEO del colosso francese del lusso Kering. La notizia è rimbalzata in serata da Parigi a Milano, da Londra a New York, facendo volare i telefoni degli analisti e gelare più di un pranzo domenicale nei quartier generali delle due aziende – e non solo.
Guardiamoci negli occhi: quanti di voi avrebbero scommesso che un manager cresciuto fra catene di montaggio, crisi dei chip e piani di elettrificazione avrebbe finito per gestire Gucci, Saint Laurent e Balenciaga? Eppure è successo, e non è un colpo di teatro isolato. Nel curriculum del dirigente milanese brillano la rinascita della Fiat 500, la svolta di Seat e l’alleanza riaperta con Nissan; ora aggiungerà le passerelle – con un dettaglio non trascurabile: resterà operativo in Renault fino al 15 luglio per garantire una transizione ordinata.
Un addio annunciato ma non scontato
Quando il Financial Times e Bloomberg hanno svelato la trattativa fra de Meo e il patron François‑Henri Pinault, qualcuno ha storto il naso: “troppo presto, troppo diverso”. Eppure l’accordo era nell’aria. Kering ha visto il proprio valore di Borsa scendere di circa il 70 % in tre anni; i conti del primo trimestre 2025 parlano di vendite giù del 14 %, con Gucci crollata del 25 %. Serve uno shock culturale, e chi meglio di un “uomo del fare” abituato ai margini industriali?
Sul fronte Renault, la nota diffusa dal presidente Jean‑Dominique Senard è stata quasi affettuosa: «Luca lascia un’azienda risanata e pronta al futuro». Il consiglio ha già attivato il piano di successione; intanto de Meo resterà un mese per chiudere i dossier più caldi - dalla riorganizzazione di Ampere allo snodo con Nissan‑Mitsubishi. Un passaggio di consegne in stile “pilota automatico”, ma guai a pensare che sia routine: l’equilibrio dell’Alleanza vale miliardi e posti di lavoro in mezzo mondo.
Chi è Luca de Meo?
Se vi piace l’epopea manageriale, la sua biografia è un romanzo: nato a Milano nel 1967, laurea alla Bocconi, primi passi in Toyota, poi Fiat dove rilancia Abarth e firma il ritorno della 500, quindi Volkswagen‑Audi e la presidenza di Seat. In Renault arriva nel 2020, nel pieno di un buco di bilancio da quasi 8 miliardi e un’emergenza Covid che avrebbe fatto tremare chiunque. Eppure il manager trasforma la tempesta in laboratorio di riforme.
Ecco qualche numero che parla più di mille slide: margine operativo dell’8 % nel 2024 – record storico per la Losanga - e utile operativo in crescita costante dal 2021. Il piano Renaulution ha tagliato i costi di 2 miliardi, lanciato 14 modelli elettrificati e rimesso in moto la free cash‑flow. Se cercate un motivo per cui Kering ha puntato su di lui, basta questo biglietto da visita.
Perché Kering ha scelto lui
Da mesi il gruppo di Pinault combatte con la “Gucci‑dipendenza”: quando il marchio fiorentino rallenta, l’intero bilancio soffre. Il 2024 si è chiuso con utile operativo crollato del 40 % e un debito immobiliare che pesa come un macigno. In questo contesto, la disciplina industriale di de Meo può essere la medicina amara ma necessaria: razionalizzare collezioni, accelerare sul digitale, riportare efficienza logistica. Non a caso, Kering sta vendendo immobili per liberare 2 miliardi di cassa entro il 2026.
Dietro c’è anche una questione di governance: Pinault resterà presidente, ma separerà finalmente i ruoli di chairman e CEO, allineandosi alle best practice internazionali. Entrare in un gruppo familiare non sarà una passeggiata; tuttavia, le riforme di de Meo alla Renault dimostrano che sa muoversi fra azionisti ingombranti, sindacati e Stati azionisti. Per Kering, è la carta della “discontinuità controllata”.
Implicazioni per Renault
E adesso? Il Board apre la caccia a un successore capace di non disperdere i frutti della Renaulution: margini sopra il 7 %, gamma elettrica competitiva, alleanze che reggono l’urto dei cinesi. Tra i papabili circolano i nomi di Fabrice Cambolive (oggi CEO del brand Renault) e di Gilles Le Borgne (capo ingegneria). Voi chi vorreste al volante? Il destino di decine di stabilimenti europei potrebbe dipendere da questa scelta.
L’azienda, intanto, sfodera risultati che parlano chiaro: operating margin al 7,6 % nel 2024, vendite in ripresa del 9 % e un free cash‑flow di 2,5 miliardi. Gli investitori hanno premiato il titolo, salito di quasi il 30 % in dodici mesi. Ma la marcia verso il 2030, con l’obiettivo di margini a doppia cifra e neutralità carbonica in Europa entro il 2040, richiede una guida robusta.
Uno scossone per tutto il settore
Che lezione possiamo trarre, noi che osserviamo (e magari investiamo)? Primo: i confini fra settori si fanno sempre più labili; competenze di supply chain, digitalizzazione e branding valgono tanto per chi costruisce auto quanto per chi vende borse. Secondo: l’Europa corporate non ha più paura di scelte audaci - un industriale alla guida del lusso lo dimostra. Terzo: la competizione globale impone rinnovamento costante, pena l’irrilevanza.
E voi, cosa ne pensate? Vedete nel passaggio di de Meo un ponte fra due eccellenze italiane‑francesi o l’ennesima fuga di cervelli dall’auto? Scriveteci, fatevi sentire: qui su Sbircia la Notizia il dialogo non si ferma mai. Intanto noi restiamo con il fiato sospeso: la prossima passerella, che sia in pista o meno, avrà il suo marchio di fabbrica. E il suono di questa scelta, potrebbe riverberare ben oltre il perimetro di Boulogne‑Billancourt e della rue de Sèvres.