Lo abbiamo saputo la sera del 14 giugno e il cuore ci è rimasto sospeso: Aymane Ed Dafali, 16 anni appena, è morto annegato dopo essersi tuffato nel canale Logonovo – fra Lido degli Estensi e Lido di Spina, provincia di Ferrara – per salvare una coppia di bagnanti in balìa delle correnti. Il mare, calmo in apparenza, si è trasformato in trappola. Lui ha gridato aiuto, ha attirato l’attenzione del bagnino, poi è scomparso sotto lo specchio d’acqua vietato alla balneazione. Quando lo hanno riportato a riva, l’eliambulanza era già atterrata sul lungomare, ma le manovre di rianimazione hanno ceduto il passo al silenzio delle 19:10.
Tutti ci siamo chiesti perché un ragazzo così giovane, in vacanza con tre amici e un pedalò, non abbia esitato nemmeno un secondo. La risposta è semplice e devastante: ha scelto la vita degli altri prima della propria. Le parole più ripetute nelle ore successive – “coraggio”, “umanità”, “esempio” – non bastano a contenere l’ondata di commozione che ha attraversato l’Emilia‑Romagna, il Polesine, persino i social di mezza Italia. L’assessora regionale Valeria Mantovan lo ha definito “un modello che non deve essere dimenticato”, mentre su X l’onorevole Marco Furfato ha scritto: “Ha compiuto il gesto più alto che esista”.
Il mare calmo che inganna: cosa è accaduto nel canale Logonovo?
Erano le 17:50 circa quando la gita in pedalò di Aymane e degli amici è stata spezzata dalle grida di un uomo e di una donna trascinati verso l’interno dal flusso incrociato del Logonovo. Possiamo quasi vedere la scena: l’acqua verde‑azzurra, il cartello di divieto di balneazione poche decine di metri più in là, i ragazzi che si agitano. Dal moscone del Vascello Beach il bagnino rema forte, ma il sedicenne di Rovigo si lancia per primo, nuota con forza, raggiunge la coppia. È il primo ad allertare i soccorsi – una manciata di secondi che basterà a salvare due vite, non la sua.
Quando la corrente lo travolge – racconta Il Resto del Carlino – gli amici tornano verso il pedalò convinti che stia riemergendo dietro di loro. Solo alla conta disperata, a riva, si accorgono che manca proprio Aymane. Partono le ricerche con due mosconi, mentre la Capitaneria di Porto chiude l’area e l’elisoccorso decolla da Ravenna. Passano venti minuti, poi il corpo affiora lato Lido Estensi, a centinaia di metri dal punto d’immersione: la prova della forza micidiale di quel canale “maledetto” di cui tutti, lì, parlano sottovoce.
Chi era Aymane: sogni, origini, integrazione a Rovigo
Aymane era nato a Jbiel, villaggio nella regione di Marrakesh. Era arrivato in Italia tre anni fa con la famiglia, stabilendosi a Castelnovo Bariano (Rovigo). Studiava alle superiori, amava il calcio e la musica rap francese, coltivava il sogno di prendere la patente e cercare un lavoro estivo per “non pesare su papà”, come confidava agli amici. Giovedì avrebbe dovuto sostenere l’ultima verifica di fine anno; sabato, invece, ha incontrato il destino.
Chi lo conosceva ne parla con affetto disarmante. «Se vedeva qualcuno in difficoltà, correva», racconta un compagno di classe. In parrocchia dava una mano al doposcuola, a calcetto faceva sempre l’ultimo cambio per far giocare chi era rimasto fuori. «Aveva il sorriso che ti costringeva a ricambiare», dice un vicino. La comunità rodigina oggi si stringe attorno ai genitori, in attesa del rimpatrio della salma dall’istituto di Medicina Legale di Cona.
I soccorsi: la corsa contro il tempo tra pedalò, mosconi ed elicottero
Sulla spiaggia, la “macchina” dell’emergenza ha funzionato con l’efficienza che tutti speriamo di non dover mai vedere da vicino: automedica, ambulanza, defibrillatore, massaggio cardiaco a ciclo continuo per oltre trenta minuti. Il bagnino della società Alto Adriatiko – a cui dobbiamo due vite – ha continuato a remare avanti e indietro, mentre gli amici piangevano col sale sulle labbra.
Il medico del 118 ha dichiarato il decesso per sindrome da sommersione alle 19:10. Era troppo tardi. L’elicottero ha ripreso quota vuoto, destinato a un altro intervento. A terra, carabinieri e Guardia Costiera blindavano l’area per gli accertamenti di prassi; nel frattempo, centinaia di turisti muti assistevano, telefoni abbassati per rispetto, mentre il sole calava dietro le file di ombrelloni chiusi.
Una comunità sotto shock: reazioni, cordoglio e appelli
La domenica mattina, Ferrara si è svegliata con i manifesti di lutto affissi sui social. “Esempio di coraggio e umanità”, titola l’ANSA. Dalla Curia al sindaco, dai balneari alle associazioni di volontariato: tutti chiedono che la memoria di Aymane diventi seme di educazione alla sicurezza in acqua. Al Lido degli Estensi molti hanno lasciato fiori e biglietti sulla passerella che porta al canale: «Grazie, non ti dimenticheremo».
Intanto monta la discussione su pattini di salvataggio, copertura dei tratti liberi e cartellonistica. Il comitato degli operatori balneari ricorda che «Logonovo è da anni un punto nero, servono più bagnini e transenne visibili». Sui tavoli istituzionali si parla già di una campagna straordinaria rivolta ai giovani: lezioni di nuoto, simulazioni di soccorso, formazione sul rischio corrente. Aymane, senza volerlo, ha acceso un faro lì dove la prudenza aveva smesso di brillare.
Perché quel tratto è così pericoloso: divieti ignorati e correnti imprevedibili
Il canale Logonovo taglia la spiaggia come una lama: collega mare e valli, genera mulinelli e varia di portata con la marea. È ufficialmente vietato tuffarsi, ma nei pomeriggi estivi molti aggirano il divieto per cercare acqua più fresca o un punto di pesca. Le correnti laterali spingono verso il largo e verso il fondo: bastano pochi minuti di fatica per ritrovarsi esausti.
Nel 2023 e nel 2024, riferiscono i quotidiani locali, si erano registrati altri due salvataggi fortunati nello stesso punto. Nulla, però, di paragonabile a quanto accaduto sabato. La Capitaneria ora valuta nuove boe di segnalazione e la posa di reti galleggianti che impediscano l’accesso all’imboccatura. «Non possiamo basarci solo sul buon senso dei bagnanti», dicono i tecnici comunali.
Cosa possiamo imparare: educazione al rischio e cultura della prevenzione
Come trasformare il dolore in azione? Riteniamo che la prima risposta sia l’educazione: corsi gratuiti di primo soccorso nelle scuole, lezione di nuoto obbligatoria in palestra, campagne social che parlino la lingua dei ragazzi. Serve far capire che anche un tuffo di pochi metri può diventare letale se sottovaluti correnti e stanchezza.
E poi c’è la responsabilità di chi gestisce le spiagge libere. Cartelli chiari, presìdi di salvataggio estesi, controlli delle forze dell’ordine nei punti critici. Sì, costerà risorse, ma quanto vale una vita di sedici anni? Il sacrificio di Aymane ci urla che il tempo dei rinvii è finito. O agiamo, o continueremo a riempire pagine di cronaca con storie che avremmo voluto non raccontare mai.
Lo dobbiamo a lui, lo dobbiamo a tutti voi che il mare lo amate e lo rispetterete ancora di più dopo aver letto queste righe. Noi continueremo a vigilare, a raccontare e a pretendere sicurezza: perché dietro ogni titolo c’è un volto, un sogno interrotto, una famiglia che aspetta giustizia.